Napul’è mille culore, cantava Pino Daniele. Ed ombre, sfumature, recessi, bassi, vicoli, stradine e vicoli in centro, e ti sembra di avere la città sulle spalle. Dinamismo magmatico, tradizioni, suggestioni delicate e cruente. Uno stato a sé, racchiuso in un fazzoletto di terra ai piedi di un vulcano che dorme.
Regole scritte e non, problemi piccoli e grandi, e umanità, tanta e varia. Controsensi, illegalità, traffici, l’arte di arrangiarsi, le cartoline, il Vomero, Mergellina, Posillipo, i Quartieri, le periferie, vedi Napoli e poi muori, il sistema, ‘o fescion’, l’arte degli artigiani, i resti secolari e l’evoluzione di un crocevia culturale dal fascino che non potrà essere neanche minimamente trasmesso dall’ecatombe di aggettivi e sostantivi che potremmo eventualmente potrarre all’infinito, senza alcun risultato.
Del resto, Napul’è cumm’è, cumm’ piac’ a me, chiosavano i 13 Bastardi.
E la musica? Ebbene, se volessimo addentrarci nel crogiolo di suoni che dalla città del Vesuvio sono partiti e tornati, per e dal mondo, da secoli, ci troveremmo ancora una volta di fronte ad una realtà ricca, unica ed a sè stante. E a noi tutto questo piace un sacchissimo. Scegliete un genere musicale, uno a caso, e cercatelo a Napoli: vi accorgerete che se ne trova almeno una declinazione autentica. Di qualsiasi cosa abbiate pensato. E per la detonazione odierna, il nostro compito sarà quello di avvalorare questa tesi. Il BlastCast oggi parla la lingua del signor Esposito.
Per la visita guidata il nostro cicerone si chiama Ciro. Vive a Napoli, contribuisce a movimentarla, e non vuole abbandonarla. E’ un ragazzo cresciuto studiando le carte del mare magno della cultura partenope, tracciando la sua rotta in questa aiutandosi con le coordinate della cultura hip hop. Molti lo conoscono come emcee, Emcee O’Zì, per la precisione, il suo nickname. Ma non è solo un rapper, almeno non nel senso più stretto e piatto del termine. Ciro segue le nostre pagine da un pò, e lo diciamo non senza una punta di vanto. Conoscendo bene il nostro amore per le realtà autentiche made in Italy, quelle che non abbassano le braccia all’avanzare del nulla e continuano a far succedere delle cose con passione e sforzi, recentemente ci ha offerto spontaneamente un piccolo gioiello di napoletanità in musica. Siamo ben lieti di condividerlo, e dare spazio a O’Zì, per introdurvi all’ascolto.
Benvenuto, Ciro. In primo luogo, vorremmo chiederti di presentarti a chi non ti conosce: chi è Emcee O’Zì?
La parola artista mi spaventa un po’, diciamo che amo l’arte in tutte le sue forme e cerco di comunicare qualcosa a modo mio, tramite la scrittura e la musica. Ho avuto la fortuna di nascere in una città piena di stimoli, un posto dove esprimersi è esigenza viscerale di tutti, un vero e proprio “teatro a cielo aperto”, citando Eduardo.
Rapper, produttore, matematico, appassionato di cibernetica, e sicuramente dimentico qualcosa. Come hai iniziato con la musica? Quali sono stati i tuoi progetti principali?
Mi sono avvicinato alla musica intorno ai quattordici anni. San Giovanni a Teduccio, dove sono nato, cresciuto e dove vivo tutt’ora, è un quartiere dormitorio, un luogo ben lontano dalla dirompente creatività della bella Napoli di cui sopra. In un posto dove la mediocrità è uno stato mentale cercavo me stesso, desideravo solo un modo per trasformare tutta questa negatività in qualcosa di positivo, e l’ho fatto grazie al rap. La vecchia boombox di papà aveva l’ingresso per il microfono ed il registratore per le cassettine, così iniziai a collezionare dischi. Cercavo prevalentemente strumentali sulle quali registrare i miei pensieri. Il mio primo album solista è datato 2006: Overflow, è stato la tappa finale di un lungo percorso di maturazione, ma ad ogni modo erano le fredde riflessioni di un ventenne ancora inesperto. Nel 2009 uscì il breve sequel, intitolato The Horror ep un progetto che sento decisamente più mio, un lavoro in cui ho avuto il coraggio di mettermi più a nudo, ancora disponibile dal mio bandcamp. Attualmente mi sto dedicando ad un nuovo album solista, si chiamerà Debug.
L’influenza della tua città natale nella tua musica è chiara e forte. Se dovessi descrivere Napoli a chi non c’è mai stato, cosa diresti?
A chi non c’è mai stato direi di diffidare di chi gliela descrive per luoghi comuni, Napoli è una città troppo complessa per essere semplificata in una cartolina o in un servizio televisivo, non è solo “pizza e mandolino”, giusto per rimanere in tema con il titolo del podcast, così come non è solo “camorra e monnezza”. La cosa che più caratterizza questa città a mio avviso è proprio questa, la sua imprevedibilità, una caratteristica che nasce dall’infinita mescolanza di popoli, la percepisci mentre ascolti le persone parlare, la vedi attraverso le architetture stratificate nel centro storico, la gusti attraverso le antiche ricette dei nonni. Per quanto difficile, questo posto rimane per me una miniera infinita di storie e tradizioni da studiare, custodire ed onorare ogni giorno.
A tal proposito, cosa hai preparato per strettoblaster? Non solo pizza e mandolini?
Ho preparato una selecta schizofrenica, interamente made in Naples. Il podcast spazia dall’elettronica alla disco/funk passando per il jazz, fino ad arrivare al rock progressive. Ho deciso di condividere con voi qualche brano suonato da alcuni dei miei artisti partenopei preferiti. Si tratta di personalità lontane dallo stereotipo della canzone napoletana in senso stretto, ma ciò nonostante sono figure ben radicate alla tradizione della loro terra, figure che stimo infinitamente e dalle quali cerco di trarre continuamente ispirazione.
Un messaggio alla nazione e siamo fuori.
Scavate, non vi fermate alla superficie.
Prima di lasciare spazio alla musica, ringraziamo O’Zì per questa boccata d’aria vesuviana, prendete una sfogliatella o qualcosa che ci assomigli, fate un caffé ben stretto, e ricordate, Not Only Pizza!
The Blast Podcast #43 – Emcee O’Zì presents Not Only Pizza by Strettoblaster on Mixcloud